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DPCM 3 dicembre, cosa si può fare e cosa no a Natale.

Ecco cosa prevede il nuovo DPCM Natale: dal 21 dicembre al gennaio, 

sono vietati tutti gli spostamenti da una Regione all’altra, anche per raggiungere le seconde case il 25 e 26 dicembre e il 1° gennaio sono vietati anche gli spostamenti da un Comune all’altro resta il coprifuoco, cioè il divieto di spostarsi su tutto il territorio italiano dalle 22 alle 5. Il 31 dicembre, Capodanno, vietati gli spostamenti dalle 22 alle 7. 

E' sempre consentito il rientro nel Comune di residenza, nel proprio domicilio e nel luogo in cui si abita con continuità o periodicità. “Questo permetterà il ricongiungimento di coppie lontane per motivi di lavoro ma che convivono con una certa frequenza e periodicità nella medesima abitazione”, spiega il premier; consentiti sempre gli spostamenti per motivi di lavoro, necessità o salute, anche nelle ore notturne. Tra i motivi di necessità rientra anche l’assistenza a persone non autosufficienti; raccomandato fortemente di non ricevere persone non conviventi, soprattutto per cenoni e veglioni. 

Gli italiani che andranno all’estero per turismo dal 21 dicembre al 6 gennaio al rientro dovranno sottoporsi alla quarantena, anche i turisti stranieri che arrivano in Italia nello stesso periodo dovranno sottoporsi dalla quarantena. 

Gli impianti sciistici saranno chiusi dal 4 dicembre al 6 gennaio, dal 21 dicembre al 6 gennaio sono sospese le crociere in partenza, scalo o arrivi in porti italiani. 

Per quanto riguarda la scuola, dal 7 gennaio ricomincerà la didattica in presenza nelle scuole superiori di secondo grado: in questa fase in ogni scuola sarà garantito il rientro in presenza del 75% degli studenti. 

Nelle aree gialle: bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie ecc. saranno aperti sempre a pranzo, anche a Natale e Santo Stefano, dalle 5 alle 18, tutti i giorni. In ogni tavolo possono sedersi al massimo 4 persone se non sono tutte conviventi. Dopo le 18 è vietato consumare cibi o bevande per strada. 

Nelle aree arancioni e rosse: bar, ristoranti, pizzerie, gelaterie, pasticcerie ecc. saranno aperti dalle 5 alle 22 solo per asporto, ma sarà sempre possibile la consegna a domicilio. 

Alberghi e hotel rimangono aperti in tutta Italia, ma il 31 sera, cioè a Capodanno, non sarà possibile organizzare veglioni o cene. I ristoranti degli alberghi chiuderanno alle 18. Dopo quell’ora sarà consentito solo servizio in camera. 

I negozi dal 4 dicembre al 6 gennaio potranno rimanere aperti fino alle 21. Ma dal 4 dicembre al 15 gennaio nei giorni festivi e prefestivi nei centri commerciali saranno aperti solo alimentari, farmacie, parafarmacie, sanitari, tabacchi, edicole e vivai. 

Piano Italia Cashless (qui trovate l’approfondimento di QuiFinanza): fino al 31 dicembre, per chi paga con carte di credito, bancomat o app scatta un rimborso del 10% fino a 150 euro. Solo per chi compra in negozi fisici, e non online (qualunque spesa è ammessa, ed è cumulabile all’interno della famiglia). Per partecipare è necessario scaricare l’app IO e identificarsi con la Carta d’identità elettronica o con lo Spid

>>> Scarica qui il DPCM 3 dicembre in Gazzetta Ufficiale e qui gli allegati <<<

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QUESTIONI DI ILLEGITTIMITA’ COSTITUZIONALE DELLA NOTIFICA TRAMITE PEC.

In primis partiamo dal Principio costituzionale che un atto giuridico per avere effetto deve essere conosciuto dal destinatario.

Attualmente in Italia si verifica ( ed è assurdo che nessuno lo denunci ) un monstrum giuridico, e cioè che un atto impositivo, notificato con PEC, ha effetto nel momento che il gestore del servizio pec consegni l’atto trasmesso all’indirizzo PEC del destinatario ( cd ricevuta di consegna ) a prescindere che il destinatario apra e legga o meno la propria PEC: quindi l'atto così trasmesso ha effetto nei suoi confronti anche se il destinatario medesimo non venga mai a conoscenza dell’atto (cioè anche se non legga mai la PEC!). 

Qui sorgono questioni molto gravi e pericolose , che ledono diversi principi tutelati dalla nostra Costituzione.

In prima battuta, poiché per legge la PEC è paragonata alla raccomandata cartacea ordinaria, questa dovrebbe avere come minimo gli stessi effetti e funzionamenti della stessa.

In altre parole secondo le norme oggi vigenti se un atto impositivo viene notificato con raccomandata ordinaria cartacea ed il destinatario non viene trovato dal messo notificatore al proprio indirizzo di residenza, ad esempio il giorno X, questi è tenuto a lasciare un avviso per il ritiro dell’atto presso l’ufficio postale nei successivi 10 gg.

Il destinatario che ritira successivamente presso l’ufficio postale, ad esempio nel giorno x + 10, avrà l’effetto della notifica dell’atto dal giorno x +10 (= c.d. principio della scissione degli effetti della notifica).

Da qui si noti come questa procedura della raccomandata tradizionale rispetti il principio costituzionale della conoscenza da parte del destinatario ai fini degli effetti della notifica di un atto impositivo.

Quindi perché la notifica tramite PEC è efficace a prescindere dalla conoscenza da parte del destinatario ?

Se si vuole tutelare il diritto, quanto meno si deve attuare una equiparazione tra la notifica tramite PEC e la notifica tradizionale e quindi riconoscere un effetto alla notifica pec quanto meno pari a quella tradizionale, come ad esempio stabilire l’effetto a partire dal decimo giorno della ricevuta di consegna della PEC come ragionevole lasso di tempo per permettere al destinatario di conoscere l’atto con l'apertura della propria PEC, né più né meno di quanto accade con la procedura cartacea !

Se ciò non accade viene leso il diritto di difesa e il diritto di uguaglianza : il primo perché non conoscendo da cosa ci si deve difendere si rischia di incorrere in preclusioni e decadenze irrimediabili; il secondo perché vengono trattate in modo diverso situazioni identiche solo perché la notifica è eseguita in un modo piuttosto che in un altro (il cittadino a cui vene notificato l'atto con raccomandata ordinaria ha più tutele del quello a cui viene notificato lo stesso atto con la pec  che invece rischia senza rimedio le conseguenze dell'atto perché le ha subite senza saperlo o senza saperlo per tempo ! ).    

Altro principio che viene violato è che il notificatore della pec non è un pubblico ufficiale , ma un soggetto privato , cioè il gestore del servizio pec, e quindi la ricevuta di avvenuta notifica non ha valore di Pubblica fede .

Altro principio che viene violato è quello che il destinatario della pec non può scegliere tempi e modi di ricezione in quanto questo tipo di notifica non rende operative le norme della irreperibilità assoluta e relativa: si pensi al destinatario che abbia smarrito le password per accedere alla pec o peggio al destinatario che è impossibilitato perché ad esempio ricoverato in ospedale .

Con l’evoluzione tecnologica nell’ordinamento si è quindi realizzato un diritto nuovo di cui sorge la necessità di una puntuale regolamentazione, ed è il diritto alla disconnessione : non è possibile essere obbligati ad essere connessi ad internet in ogni momento del giorno e dell'anno come invece attualmente presume , o meglio pretende, l’effetto della notifica PEC! i principi costituzionali messi in pericolo sono ancora una volta il diritto di difesa, il diritto di libertà, il diritto di uguaglianza .

Urge quindi un intervento del Legislatore che sul punto si è dimostrato omissivo e carente o più realisticamente occorre un intervento serio della giurisprudenza che in questo caso deve riempire un vuoto normativo come spesso ha già fatto.

E' accaduto ad esempio in ordine alla procedura esecutiva sulla prima ed unica casa da parte dell’erario: dapprima la Cassazione era intervenuta sul punto sancendo la non esecutività e poi il legislatore in seguito ha dovuto adeguarsi. Con la notifica PEC deve accadere la stessa dinamica se il legislatore non interviene direttamente, la questione è infatti di pubblico interesse, perché può colpire chiunque, operatori del diritto compresi.


Studio Commerciale e Tributario 
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Dottore Commercialista e Revisore Legale
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Riceviamo da nostro amico Medico e pubblichiamo !

"Mentre noi medici di famiglia siamo oberati di lavoro e inutili pratiche burocratiche che ci tolgono tempo da dedicare ai nostri pazienti, cosa che dovrebbe essere in cima alle nostre priorità, la regione e le ASL hanno impostato una FARAONICA campagna vaccinale contro l'influenza, salvo poi astenersi dalla consegna di gran parte dei vaccini necessari a coprire i loro ambiziosi intenti, la popolazione oramai allarmata ha preso d'assalto i nostri studi e le farmacie, e ormai da tempo nessuno ha più vaccini, è inutile dire che siamo sottoposti da settimane a pressioni invereconde da parte dei nostri assistiti a cui evidentemente risulta difficile capire che noi non c'entriamo nulla se non ce li consegnano,.... ebbene mentre accade tutto ciò in tutta la regione Lazio, guardate quel genio del nostro presidente regionale che lettera pensa di inviare agli ultrasessantenni...!

Siamo alla follia totale. 

Caro NICOLA, se vuoi vaccinare tutta la popolazione sopra i 60 anni, prima compra i vaccini, poi li distribuisci, e infine istighi la popolazione a vaccinarsi. 

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Giornata contro la violenza sulle donne, dalla pizza alla frase in codice in farmacia: come chiedere aiuto.

Il 25 novembre in tutto il mondo si celebra la Giornata contro la violenza sulle donne. Ecco cosa fare in caso di emergenza per chiedere aiuto immediato.

Cosa fare in caso di emergenza

Cosa si può fare? Assolutamente denunciare, sempre. Senza esitazioni. Come? Le donne che sono vittime di violenza e hanno bisogno di aiuto immediato possono rivolgersi ai numeri di emergenza 112 e 1522.

Quest’ultimo è il numero del servizio pubblico promosso dalla Presidenza del consiglio-Dipartimento per le pari opportunità contro la violenza e lo stalking, che offre anche la possibilità di chat per chi non potesse parlare. I numeri sono completamente gratuiti.

In alternativa, si possono contattare i centri antiviolenza, come quelli della rete Di.Re e di Differenza donna: quest’ultima offre anche sostegno legale.

In questo periodo la Polizia ha esteso YouPol, l’app realizzata per segnalare episodi di spaccio e bullismo, anche ai reati di violenza domestica.

“Mascherina 1522” in farmacia

Inoltre, è possibile recarsi in una qualunque farmacia e pronunciare questa frase: “Voglio una mascherina 1522”. Basterà riferirla al farmacista per denunciare una violenza domestica.

L’iniziativa nasce da un accordo tra i centri antiviolenza e la Federazione farmacisti. Dopo aver pronunciato la frase in codice, il farmacista fornirà alla donna vittima di violenza tutte le informazioni utili e si attiverà per fornirle aiuto.

“Call4Margherita” con ActionAid

Se non potete parlare liberamente, perché il vostro “lui” è lì con voi ad esempio, potete chiamare i numeri di emergenza e chiedere una “pizza”.

Margherita è il nome simbolico che ActionAid ha deciso di dare a quella donna che lo scorso agosto, per salvarsi dal compagno violento, ha chiamato la Polizia fingendo di ordinare una pizza. Ma è anche il nome della pizza che, oggi, diventa con la campagna “Call4Margherita” un simbolo di protesta per chiedere migliori strumenti di contrasto. 

SU QUI FINANZA L'ARTICOLO COMPLETO.

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TERREMOTO IN IRPINIA: IL RICORDO DI RIVA DESTRA NELLE PAROLE DI CHI PRESTO' I SOCCORSI (di Enrico Kauffmann).

       

TERREMOTO IN IRPINIA: IL RICORDO DI RIVA DESTRA NELLE PAROLE DI CHI PRESTO' I SOCCORSI 

(di Enrico Kauffmann*)

23 Novembre 1980. Ore 19.34. Un boato lungo 90 secondi. Poi il silenzio. Lungo, irreale. Poi il buio della sera squarciato dai bagliori delle fiamme che avvolgono case e poderi. L’aria irrespirabile per le immense nubi di polvere che tardano a dilatarsi. Tutto intorno morte e devastazione. Grida di disperazione. Concitazione. La fine di storie, vite, sacrifici. A 40 anni dal dramma del terremoto in Irpinia Riva Destra ricorda così, con le testimonianze di chi c’era, di chi intervenne nei soccorsi, quei terribili momenti. Oggi la comunità di Riva Destra ricorda in commosso silenzio quel immane sciagura che provocò migliaia di morti e feriti, nonché la devastazione di interi territori, stringendosi con calore ai sopravvissuti e ai familiari delle vittime. Oggi non è tempo di polemiche, ma i ritardi che segnarono i soccorsi, la disorganizzazione che segui a quei drammatici momenti, il dolore di intere popolazioni abbandonate a se stesse, serva da monito oggi e in futuro per non ripetere quegli errori gravissimi. Oggi, col dramma della pandemia COVID 19, come allora aspettiamo una efficace, efficiente e solidale risposta dello Stato che sostanzi una ripresa economica basata su concreti aiuti di quanti in difficoltà. Una ricostruzione che non riverberi la vergogna post terremoto.

* Nastrino Benemerenza Terremoto 1980

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Partito Radicale e Giustizia

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L’aumento esponenziale dei contagi ed i numeri al 16 novembre

È ancora una volta Gennarino De Fazio, Segretario Generale della UILPA Polizia Penitenziaria a fornire i dati del contagio nelle carceri, non nascondendo una preoccupazione crescente. “Altro balzo in avanti dei contagi da nuovo coronavirus nelle carceri del Paese. Alle ore 20.00 di ieri sera erano ben 758 fra i detenuti (distribuiti in 76 penitenziari) e 936 fra gli operatori i casi accertati di positività al virus. Erano, rispettivamente, 638 e 885 solo venerdì scorso alle ore 13.00”.

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Il Garante dei detenuti  della Campania lancia l’allarme: c’è bisogno di svuotare le carceri

Il Garante dei detenuti della Regione Campania, Samuele Ciambriello, lancia l’allarme affinchè si intervenga subito e in maniera efficace. Al 16 novembre, il Garante traccia un bilancio della situazione nelle carceri campane: sono 170 i detenuti contagiati. Nello specifico sono stati accertati 102 casi nel carcere di Poggioreale, 55 a Secondigliano, uno a Salerno, sette a Santa Maria Capua Vetere, cinque a Benevento. Inoltre “in tutta la Regione sono circa 200 i casi di positività al coronavirus registrati tra agenti penitenziari, amministrativi e personale dell’area sanitaria”.

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 “Subito amnistia, poi riforma per carceri più umane”, parla il magistrato Marino

«Amnistia e indulto? Per certi versi rappresentano una sconfitta dello Stato, ma non c’è dubbio che, alla luce delle vergognose condizioni delle carceri italiane e campane, un atto di clemenza sia necessario»: ne è convinto il magistrato Raffaele Marino, per anni in prima linea contro la camorra e oggi sostituto procuratore generale della Corte d’appello di Napoli.

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Non più bambini in carcere e non solo durante questa pandemia: due risultano positivi

Durante la prima ondata le 12 sezioni nido delle carceri d’Italia si erano praticamente svuotate. Poi, nei mesi estivi, a pandemia dimenticata, i bambini son tornati. In più di vent’anni gli appelli affinché le madri potessero scontare la pena fuori dalle carceri e sì, anche fuori dagli Icam ( istituti a custodia attenuata), si sono quadruplicati. Sono 33 i bambini con meno di tre anni in carcere e due di questi sono risultati positivi.

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Consiglio d’Europa: l’impatto di medio periodo del Covid sulla popolazione

Un nuovo studio condotto dall’Università di Losanna per il Consiglio d’Europa dimostra che la complessiva diminuzione della popolazione carceraria europea nel periodo dei lockdown di primavera e con un tasso di detenzione rimasto stabile durante l’estate è dovuta soprattutto al rilascio di detenuti per prevenire la diffusione del Covid-19 mentre attualmente il tasso ha iniziato a crescere in diverse amministrazioni penitenziarie.

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Nasrin Sotoudeh, avvocatessa, è stata temporaneamente  liberata: l’Iran ha concesso permessi di uscita temporanea causa Covid ma non ai prigionieri politici

L’attivista insignita del Premio Sakharov nel 2012, in detenzione da due anni con accuse di spionaggio e propaganda contro lo Stato, dopo un processo che le organizzazioni per i diritti umani hanno definito ingiusto e arbitrario. E’ stata in sciopero della fame per sei settimane per protestare contro le condizioni di detenzione dei prigionieri politici in Iran.

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Rassegna Ultimissime ! Aggiornamento continuo.

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