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Pignoramento di Equitalia del conto con redditi o pensioni basse: difesa !

- Le somme depositate e risultanti dal saldo conto al momento della notifica del pignoramento: pagamento che, tuttavia, non avviene immediatamente, ma solo dopo 60 giorni dal pignoramento. Ciò al fine di consentire al debitore la possibilità, se lo ritiene, di adempiere spontaneamente;   - successivamente, alle rispettive scadenze, le restanti somme. Il tutto fino a concorrenza del credito per il quale Equitalia procede, degli interessi di mora e dei compensi di riscossione maturati sino al giorno del pagamento e riportati nell’atto stesso.   Se il lettore dovesse aprire un nuovo conto corrente e lì chiedere all’ente previdenziale di accreditarvi la pensione, in prima battuta eviterebbe il problema del pignoramento del conto corrente e del blocco delle somme ivi accreditate, in quanto il nuovo conto resterebbe libero da procedure esecutive. Tuttavia, grazie all’anagrafe dei conti correnti – una nuova banca dati che gli istituti di credito alimentano con tutte le informazioni relative ai rapporti intrattenuti coi propri clienti e aggiornata in tempo reale proprio al fine delle indagini fiscali – Equitalia è in grado, in qualsiasi momento, di conoscere dove la sua pensione va a finire e, quindi, eventualmente, decidere di estendere il pignoramento anche al nuovo conto. Dunque, il problema potrebbe ripresentarsi anche dopo breve tempo.   A questo punto, posto il basso importo della pensione del lettore, potrebbe essere utile valutare, con il proprio avvocato, la possibilità di presentare ricorso al giudice [1] chiedendo la riduzione del pignoramento del conto, effettuato da Equitalia, a solo 1/10 (un decimo). Questo perché, secondo un orientamento giurisprudenziale evolutivo (tuttavia ancora minoritario) [2], qualora il debitore riesca a dare dimostrazione al giudice che sul conto corrente bancario o postale, sottoposto a pignoramento, confluiscono solo le somme imputabili a reddito di lavoro dipendente o di pensione, il giudice potrebbe ridurre la misura degli importi pignorati. Non vi sarebbe, infatti, ragione per differenziare il pignoramento fatto presso il datore di lavoro o l’ente pensionistico (che, per legge, può avvenire entro limiti massimi prestabiliti dalla legge) rispetto a quello in banca (dove invece tali limiti non operano) se si offre la prova che la natura del credito è sempre identica e non vi è stata confusione con altre somme. In parole povere, se Lei riuscirà a dimostrare in causa che, sul conto in questione, non è stato mai fatto alcun altro accredito se non la pensione (circostanza facilmente documentabile con un estratto conto), il giudice potrebbe restituirle anche più dei 9/10 della somma pignorata. Infatti verrebbe applicata la regola generale in base alla quale la pensione non può essere pignorata fino al minimo vitale (525,89 euro) e, per la residua parte, solo nei limiti di un decino: dal 2012 infatti [3], per le pensioni inferiori a 2.500 euro, il pignoramento massimo che Equitalia può operare è di un decimo. 
Fonte: La Legge per Tutti - Articolo Originale QUI !

www.studiostampa.com

Equitalia deve esibire la cartella !

equitalia file ok
NOVITÀ DALLA CASSAZIONE a cura dell'avv. Matteo Sances
Se il contribuente contesta di non aver mai ricevuto la cartella esattoriale (o comunque di averla ricevuta incompleta) il concessionario non può produrre solo la ricevuta di ritorno della raccomandata ma deve esibire copia integrale della stessa.
Ciò è quanto emerge da una recente pronuncia
della Suprema Corte che, con ordinanza n.18252 del 30/07/2013, ha avuto modo di rispondere a una contestazione del contribuente il quale aveva impugnato una cartella esattoriale poiché notificata incompleta (in quanto priva di alcune pagine).
I giudici della Corte di Cassazione, dunque, hanno sancito “… ciò che nella specie di causa si è verificato è che la società Concessionaria ha provveduto -in applicazione del menzionato art. 26- a notificare la cartella di pagamento con invio diretto della raccomandata postale, la quale ultima (alla stregua di qualunque atto pubblico)fa fede esclusivamente delle circostanze che ivi sono attestate, tra le quali non figura certamente la certificazione circa l'integrità dell'atto che è contenuto nel plico e men che meno la certificazione della corrispondenza tra l'originale dell'atto e la copia notificata”.
In pratica, secondo la Suprema Corte la ricevuta di ritorno prova solo il fatto che il contribuente abbia ricevuto un plico ma non assolutamente il suo contenuto.
D’altronde, l’obbligo di esibire la cartella viene espressamente previsto dall’art. 26, comma 4 del DPR n. 602/73, il quale prevede che “il Concessionario deve conservare per cinque anni la matrice o la copia della cartella con la relazione dell’avvenuta notificazione o l’avviso di ricevimento ed ha l’obbligo di farne esibizione su richiesta del contribuente o dell’amministrazione”.
Va da sé, quindi, che producendo solamente le ricevute di ritorno delle raccomandate (in caso di notifica a mezzo posta) senza le cartelle esattoriali il concessionario non ha ottemperato assolutamente all’obbligo previsto dalla legge.
La predetta sentenza, dunque, conferma sostanzialmente l’indirizzo già espresso da alcune Commissioni Tributarie e in particolare dalla Commissione Tributaria Provinciale di Parma (si vedano le sentenze della CTP di Parma n. 15/07/10 e la n. 40/01/10 disponibili su www.studiolegalesances.it - sezione Documenti), dove i giudici rilevano che “Equitalia ... si riserva di produrre solo le relate di notifica e non le cartelle; tale comportamento risulta errato in quanto è noto che le relate, se non accompagnate dalle relative cartelle di pagamento non hanno alcun valore in quanto nulla dimostrano in merito alla spettanza di un credito tributario o meno”.
Tale questione è sicuramente molto importante poiché può accadere che il contribuente riceva – come nel caso affrontato dalla Cassazione – una cartella priva di alcune pagine oppure che venga a conoscenza di un debito tributario solo ad esecuzione già iniziata (si pensi al caso di un pignoramento su c/c bancario senza la preventiva notifica della cartella per vizi di notifica della stessa) e abbia la necessità oltre che il diritto di conoscere a pieno quanto gli viene richiesto.
Infine, sempre in merito all’onere del concessionario di esibire le cartelle in giudizio, si segnala un’altra recente sentenza della Suprema Corte dove i giudici sottolineano che “questo Collegio è stato edotto del solo fatto che sono state notificate alcune cartelle, ma non è stato posto in condizione di sapere esattamente quali perché la Concessionaria non le ha prodotte” (Ord. Corte Cass. n.22041 del 28/10/10).   
Alla luce di quanto illustrato, dunque, risulta chiaro il diritto di ogni contribuente di visionare sempre copia delle cartelle che lo riguardano quando sorgono dubbi in merito alla loro completezza (o addirittura in merito alla loro esistenza).

Avv. Matteo Sances