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Una volta nel bosco c’era il rischio di incontrare il lupo cattivo. Adesso il rischio è di incontrare gli assistenti sociali. Riuscite a immaginare il trauma di un bambino che vive sereno con la sua famiglia e improvvisamente viene strappato via ai suoi affetti perché qualcuno ha deciso che è meglio così? Riuscite a immaginare la violenza di uno Stato che vi strappa via i vostri figli solo perché non approva il vostro stile di vita? La storia dei bambini nel bosco è un monito che deve non solo spaventarci, ma anche farci reagire: ci sono dei limiti che non possono essere valicati. Ma i vertici della politica sono tutti presi dalle loro scaramucce di palazzo, dalle congiure delle polveri, o meglio “dei Pazzi”, per tentare di far cadere il Governo e sovvertire ancora una volta la volontà popolare. Tutto rientrato, per ora. Qualcun altro che sta per vedersi piantare un bel coltello nella schiena dai suoi sostenitori è Zelensky. Trump ha tramato alle sue spalle e ora ha pronto un piano, un po’ più lungo di quello che ha preparato per Gaza. Funzionerà allo stesso modo? Buona lettura.
PRIMO PIANO
Famiglia nel bosco, bambini allontanati. Attacco allo stile di vita o protezione dei minori?
di Miriam Gualandi
Cinque pattuglie dei carabinieri per portare via tre bambini dalla loro casa. Così si conclude la vicenda della “famiglia nel bosco” che ha tenuto con il fiato sospeso tutta Italia. Per loro è stata aperta anche una petizione su Chage.org che ha superato le 30mila firme.
Tutto inutile perché il Tribunale dell’Aquila, dopo aver sospeso la potestà genitoriale a Nathan e Catherine, ha decretato l’allontanamento dei bambini in una struttura protetta e ha nominato un tutore legale.
Si parla di “periodo di osservazione” e solo dopo lunghe trattative la madre è potuta andare con i suoi figli, una bambina di otto anni e due gemellini di sei per passare almeno la notte con loro.
Il padre, invece, non ha potuto seguirli e ai giornalisti dice di essere sotto shock e che la decisione del giudice è frutto di un “sistema malato”. Il legale della famiglia annuncia il ricorso. Continua a leggere >
POLITICA
Scontro istituzionale Chigi-Quirinale: caso archiviato?
di Redazione
Venti minuti. Tanto è durato l’incontro Meloni–Mattarella delle scorse ore al Quirinale. Ci sono state le scuse, delle smentite e chiari intenti di affermare pubblicamente la fine della tensione istituzionale.
Un veloce colloquio da cui uscire più compatti, ma così non è stato. Difatti, la gravità dello scandalo, che ha visto imputare ad uno stretto consigliere del Presidente della Repubblica, “un piano per fermare la Meloni”, appare ancora aperto. Continua a leggere >
Furti falsi, licenziamenti veri: “test del finto cliente” costa il posto ai cassieri PAM
di Andrea Murgia
Furti falsi, “un test”, ma i licenziamenti sono veri. Regista: il gruppo PAM. Vittime: i cassieri. Siena, Livorno: si contano almeno tre episodi in Toscana.
La FILCAMS CGIL solleva il caso, che finisce in Parlamento. Il 20 novembre è previsto un incontro a Roma con l’azienda per chiedere la reintegra e, si auspica, la revisione del meccanismo messo in piedi da PAM.
Tra i dipendenti licenziati, il 62enne Fabio Giomi, tra cinque anni in pensione e padre di due figli, racconta un sistema perverso: l’ispettore avrebbe nascosto oggetti di piccole dimensioni – bottoni e matite per gli occhi – tra le confezioni di acqua e birra.Continua a leggere >
INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Open AI lancia una versione ChatGPT per insegnanti e distretti scolastici
di Edoardo Gagliardi
Che l’intelligenza artificiale sia ormai una realtà, non lo si mette più in discussione. Fin dove potrà spingersi, rimane tuttavia un dibattito aperto.
Open AI ha infatti annunciato il lancio di “ChatGPT for Teachers”, una versione per le scuole e distretti scolastici del suo modello di intelligenza artificiale. Lo strumento sarà gratuito negli Stati Uniti fino a giugno 2027.
La nuova versione del chatbot è progettata per fornire una piattaforma incentrata sull’istruzione, completa di controlli specifici per gli insegnanti, misure di sicurezza sulla privacy dei dati e funzionalità di gestione a livello distrettuale. Continua a leggere >
ESTERI
Trump tenta la pace Ucraina in 28 punti e Zelensky non ci sta. Kiev mai nella Nato, Russia nel G8
di Giulia Bertotto
28 punti per una pace nel cuore dell’Europa tra Russia e Ucraina. Dopo l’annuncio il documento redatto dalla Casa Bianca è finalmente pubblico e prevede diverse clausole per mettere fine alle armi.
Esso stabilisce che non ci sia nessun soldato della NATO in Ucraina; la garanzia che Kiev non entrerà mai nella NATO; implica la presenza di jet europei pronti in Polonia contro eventuali nuovi attacchi russi.
Il piano prescrive l’amnistia totale per le azioni compiute durante il conflitto; e ancora, dispone elezioni in Ucraina entro 100 giorni dalla firma; la condivisione equa cioè al 50% tra Russia e Ucraina della centrale nucleare di Zaporizhzhya, supervisionata dall’ Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica.
Tra i punti salienti del testo la cessione a Mosca del Donetsk e Lugansk, e che la Russia rientri nel G8. Continua a leggere >
Fatto il deserto, si fa anche la pace. Una pace fragile, legata a doppio filo agli appetiti di Israele che continuano ad essere molti sulla Striscia di Gaza. L’attenzione mediatica internazionale però imponeva di prendere delle decisioni che acquietassero gli animi. E così Trump porta a casa la sua prima (quasi) vittoria geopolitica. Aveva promesso che il conflitto in Ucraina sarebbe finito entro 24 ore dalla sua elezione, ma la querelle è ben lungi dall’essere risolta. Meglio gli è andata apparentemente con Hamas e Tel Aviv. Peccato però che gli attori in campo, soprattutto il genero Kushner, siano quelli a cui farebbe più gola ricostruire Gaza senza i palestinesi. C'è maretta intanto nelle cancellerie europee. La Francia in particolare sembra sull’orlo di una crisi di nervi, con un Macron istericamente attaccato alla sua poltrona mentre tutto intorno a lui va in pezzi. A far saltare per l’ennesima volta la sua maggioranza di governo è la legge di bilancio: i francesi dovrebbero pagare lacrime e sangue ma nessun primo ministro si prende la briga di firmare il provvedimento. E mentre Macron deve decidere il da farsi, paradossalmente è la Germania a salvarci (per ora) dalla nuova idea dell’Unione europea per controllare le nostre conversazioni. La scusa è sempre la stessa: lo fanno per il nostro bene! Buona lettura.
PRIMO PIANO
Gaza: tregua firmata ma appesa a un filo
di Andrea Murgia
Entra in vigore, seppur tra alcune incognite, l’accordo per il cessate il fuoco nella Striscia di Gaza. Il governo israeliano ha approvato l’intesa, che prevede anche il rilascio da parte di Hamas di 20 prigionieri israeliani, in uno scambio con quelli palestinesi, che sono quasi duemila.
L’accordo è stato mediato dall’amministrazione statunitense, che ha annunciato di aver intenzione di inviare 200 soldati a supervisionare l’attuazione del piano.
Per domenica 12 ottobre è attesa una visita di Donald Trump in Israele. Il presidente americano parlerà alla Knesset, il parlamento israeliano, mentre le famiglie dei 20 ostaggi hanno chiesto un incontro con lui. Continua a leggere >
Caso Almasri, la Camera salva dal processo i membri del governo imputati
di Elisabetta Barbadoro
La Camera dei Deputati ha salvato dal processo per il caso Almasri i ministri della giustizia, Carlo Nordio, dell’interno, Matteo Piantedosi, e il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano.
I tre voti a Montecitorio sull’autorizzazione a procedere della magistratura si sono svolti a scrutinio segreto, e l’esito è stato “sopra le aspettative”, secondo Nordio.
Questo perché la maggioranza poteva contare su una base di partenza tra 230 e 235 voti. Ma a votare contro il processo sono stati 251 deputati nei casi di Nordio e Mantovano e 256 per Piantedosi, quindi sarebbero tra 15 e 20 esponenti dell’opposizione. Tra loro ci sono i membri di Italia Viva, il partito di Matteo Renzi infatti aveva già annunciato che avrebbe votato contro l’autorizzazione a procedere.Continua a leggere >
CRONACA
Miseria e violenza: un ex liceo diventa rifugio per migranti
di Andrea Tomasi
Degrado, microcriminalità e insicurezza. In via Rubattino a Milano c’è una scuola in stato di abbandono dal 2022. I residenti chiedono un intervento della pubblica amministrazione. Quelle che prima erano aule scolastiche sono divenute un rifugio di fortuna per senzatetto, italiani e stranieri.
È una storia di lentezze burocratiche, di scarsa attenzione e anche di violenza. Un giovane, che si batte per ripristinare la legalità e la sicurezza nel quartiere è stato minacciato di morte. Si chiama Nicholas Vaccaro. Ha 21 anni ed è il vicepresidente del Comitato Sicurezza per Milano.
Lo abbiamo incontrato davanti a quel palazzo divenuto terra di nessuno: l‘ex liceo Manzoni, un tempo di proprietà dell’ente Pio Albergo Trivulzio. Oggi il compendio – il palazzo e tutta l’area circostante, con quello che una volta era un campo sportivo – è di proprietà della società immobiliare Bellalì srl.Continua a leggere >
UNIONE EUROPEA
Chat control, la Germania dice no al regolamento europeo
di Miriam Gualandi
Fumata nera per il Child Sexual Abuse Regulament, nome in codice “Chat control”, la proposta di regolamento che nelle intenzioni si prefigge di combattere la pedopornografia online ma che nei fatti stringe le maglie del controllo sociale.
Il semaforo rosso arriva a sorpresa dalla Germania: “Il monitoraggio ingiustificato delle chat deve essere un tabù in uno Stato di diritto. Le comunicazioni private non devono mai essere oggetto di sospetto generalizzato” ha dichiarato la ministra della giustizia tedesca Stefanie Hubig.
Perché la proposta superasse questa prima fase ed approdasse ai cosiddetti triloghi, era necessaria la maggioranza qualificata. Salta così il voto europeo previsto per il prossimo 14 ottobre, a data da destinarsi.Continua a leggere >
Qualcosa a Parigi si è rotto, e l’ostinazione di Macron nell’illudersi di poter aggiustare le cose non fa che peggiorarle. Il capo dell’Eliseo è rimasto solo, anche gli alleati più vicini si arrendono e invocano le dimissioni del Presidente della Repubblica francese.
Ma Macron non ci pensa neppure.
La crisi politica francese è scoppiata con le dimissioni del primo ministro Lecornu appena dopo la formazione del governo e dopo solo 27 giorni dalla sua nomina, ma va avanti da oltre un anno, dalle elezioni legislative anticipate, quando Macron già non godeva più di una maggioranza assoluta in Assemblea.Continua a leggere >