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Rassegna Stampa di Venerdì 3 luglio 2020.

ACCREDITAMENTO

IL PICCOLO Pag. 4
03/07/2020

LA GAZZETTA DEL MEZZOGIORNO Pag. 25
03/07/2020

LA SICILIA Pag. 2
03/07/2020

MF Pag. 15
03/07/2020

SETTIMANA DI SARONNO Pag. 5
03/07/2020

CERTIFICAZIONE

CORRIERE DEL VENETO Pag. 4
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IL GIORNALE DI VICENZA Pag. 2
03/07/2020

IL RESTO DEL CARLINO (ED. MODENA) Pag. 36
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LA SENTINELLA DEL CANAVESE Pag. 19
03/07/2020

QUALITÀ

LIBERO Pag. 12
03/07/2020

AMBIENTE

IL GIORNO Pag. 26
03/07/2020

LA STAMPA Pag. 1
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AGROALIMENTARE

CRONACHE DI SALERNO Pag. 16
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SAFETY - SECURITY - SICUREZZA

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SANITÀ - SALUTE

L'ADIGE Pag. 15
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IL CITTADINO Pag. 8
02/07/2020

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02/07/2020

ITALIA OGGI Pag. 17
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PROFESSIONI

ITALIA OGGI Pag. 37
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ITALIA OGGI Pag. 36
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ITALIA OGGI Pag. 36
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ITALIA OGGI Pag. 35
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ITALIA OGGI Pag. 33
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ITALIA OGGI Pag. 29
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ITALIA OGGI Pag. 14
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IL SOLE 24 ORE Pag. 31
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IL SOLE 24 ORE Pag. 10
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IL SOLE 24 ORE Pag. 6
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AVVENIRE Pag. 9
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IL FATTO QUOTIDIANO Pag. 16
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IL FOGLIO Pag. 2
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IL FOGLIO Pag. 4
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IL MESSAGGERO Pag. 9
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IL SOLE 24 ORE Pag. 10
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IL SOLE 24 ORE Pag. 32
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ITALIA OGGI Pag. 9
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ITALIA OGGI Pag. 36
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LA REPUBBLICA Pag. 2
03/07/2020

LA REPUBBLICA Pag. 4
03/07/2020

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ENOGASTRONOMIA: Italianità e doverose precisazioni.


Scusate ma ci tengo a sottolineare che gli inglesi sono anni che tentano di far passare Bar come un loro acronimo, nella realtà si tratta dell'unica parola Italiana (tolte quelle antiche e/o di derivazione straniera) che termina con una consonante, nata dalla nostra abitudine (controllabile nei BAR degli scavi di Ostia e di Pompei) di consumare in piedi poggiando il piede sulla apposita barra (BAR = Barra) fissata in basso sui banconi e dove, nello spazio tra la stessa e il bancone, venivano inseriti i raccoglitori per i rifiuti e le "sputacchiere". 

Nel resto del Mondo, da sempre popolato da selvaggi, stanno imparando ora e tentano di sostituire l'insegna "Café" con BAR ancora, il termine sarebbe l’acronimo di “Banco A Ristoro”. 

Ad usare per primo la parola “BAR” (e probabilmente anche a inventarla) pare sia stato un imprenditore italiano, tale Alessandro Manaresi, che nel 1898 apre il primo “BAR” a Firenze usando appunto le tre lettere come sigla per 
“Banco A Ristoro”
(reso poi famoso dallo Storico "Florian" di Venezia). 

Resistiamo e non facciamogli fare la stessa fine dell'Italianissimo Brandi che oggi viene scritto e pronunciato Brendy. Pensate che il nome glie lo ha dato Gabriele D'Annunzio che, prendendo il termine "branda" utilizzato dai contadini distillatori per definire il primo distillato che usciva, ha detto che il prodotto buono è figlio della "branda" per cui il nome più giusto per definirlo è "BRANDI". Grazie a tutti per l'attenzione. 

P.S.
Quando noi andavamo al BAR nel resto d'Europa vivevano nelle caverne o sugli alberi e quelli "civilizzati" giravano con la lancia e l'elmo con le corna, adesso si sono inventati l'origine inglese. 

Sottolineo che 80anni prima della scoperta dell'America, in Italia, al BAR-Ristorante-Osteria si stappava e beveva il "Pomino" dei Marchesi Frescobaldi che hanno iniziato ad imbottigliarlo nel 1412

IL VINO DEL BARONE RICASOLI DAL 1141
Ricasoli è un nome legato al vino dal 1141, anno in cui il Castello di Brolio entrò in possesso dei Ricasoli. Dopo secoli a difesa delle terre e delle signorie feudali, i Ricasoli per primi si dedicarono allo sviluppo dell’agricoltura e dei vigneti. 

La Famiglia Antinori si dedica alla produzione vinicola da più di seicento anni: da quando, nel 1385, Giovanni di Piero Antinori entrò a far parte dell' Arte Fiorentina dei Vinattieri. In tutta la sua lunga storia, attraverso 26 generazioni, la famiglia ha sempre gestito direttamente questa attività con scelte innovative e talvolta coraggiose ma sempre mantenendo inalterato il rispetto per le tradizioni e per il territorio. 

La Cantina dell’Abbazia di Novacella è annoverata tra le più antiche attive del mondo. Già nel 1177 da papa Alessandro III fu riconosciuto al monastero il possesso dei vigneti nelle vicinanze. Attraverso donazioni, fondazioni, acquisti e scambi, l’Abbazia accumulò considerevoli possedimenti di vigneti, da cui è circondata fino ai nostri giorni. 
Reperti archeologici testimoniano che sui pendii protetti della Valle d‘Isarco da più di 2500 anni si coltiva la vite. Ancora oggi, dai molti muri a secco costruiti per attenuare la pendenza del terreno, si può intuire l’immane fatica impiegata per impiantare i vigneti.

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IL MITO DELLA CAVERNA "PLATONE".

Il “mito della caverna”, una famosa metafora di Platone, filosofo greco a cavallo tra il V e il IV secolo a. C., è tra le più interessanti ed attuali della nostra cultura, perché ci mostra come certi messaggi e certe tematiche siano state già affrontate nei tempi antichi, senza che ne cogliessimo alcun insegnamento.

Nel “mito della caverna” Platone mostra come la maggior parte degli esseri umani viva credendo che ciò che vede sia l’unica realtà possibile, senza rendersi conto che quello che osserviamo e percepiamo è solo un’ombra, ovvero una piccolissima parte di ciò che esiste. Inoltre, non sempre queste ombre rappresentano ciò che davvero esiste, perché, nella maggior parte dei casi, tutto ciò che ci viene riferito come “verità” è frutto delle decisioni di chi vuol far crescere in noi determinate credenze per limitare le nostre capacità. Rendiamoci conto che il mito di cui si sta argomentando è stato scritto 2000 anni fa e sembra essere ancora attuale.
Ciò implica che la storia si ripete da almeno 2000 anni, e questo denota che non abbiamo compreso che metaforicamente stiamo ancora dentro la caverna.

Per capire meglio il concetto potete vedere qui sotto un’immagine:
A sinistra troviamo degli uomini con la testa, il collo e le braccia incatenate fin dall'infanzia, in modo tale che essi possano vedere solo una parte della caverna posta davanti a loro. Alle spalle dei prigionieri è stato acceso un enorme fuoco, e tra il fuoco ed i prigionieri corre una strada rialzata.
Lungo questa strada è stato eretto un muro, e dietro ad esso si trovano alcuni uomini che portano varie forme di oggetti e animali la cui ombra viene proiettata sul muro davanti ai prigionieri tramite la luce emessa dal fuoco. Se qualcuno degli uomini che portano gli oggetti simbolici emettesse dei suoni o dei versi, i prigionieri, non potendo vedere altro, penserebbero che questi vengano emessi dalle ombre.

Ora, si supponga che uno dei prigionieri riesca a liberarsi raggiungendo l’uscita della caverna. Da quell'altezza egli potrebbe avere un’idea molto più chiara della situazione presente nella caverna, e rendersi conto che le ombre sono solo una proiezione di qualcosa che in realtà non esiste, e che tale visione è stata imposta da qualcuno.
A quel punto il fuggivo che ha preso consapevolezza ha due scelte: andare verso la luce o tornare nella caverna.
Dopo aver vissuto anni e anni al buio, 
la luce può far male, e può accecarlo.
Inizialmente è possibile che possa non vedere e che si senta confuso, e questo potrebbe spaventarlo. Se vorrà andare oltre la caverna e conoscere il mondo esterno, potrà farlo solo con il tempo e la volontà. Il percorso non sarà facile, ma alla fine ricomincerà a vedere e scoprirà suoni e forme che gli daranno gioia e vitalità.

Questo mito vi ricorda qualcosa?
Gli uomini incatenati davanti alle ombre proiettate da alcuni “signori” non ricordano un poco la nostra popolazione seduta davanti al televisore che guarda, ascolta e accetta una realtà proposta da un “sistema” che ci vuole incatenati e vincolati a ciò che ci viene prospettato come unica realtà possibile?
Il fuggitivo Vi non ricorda tutte quelle persone che hanno capito come funziona  il “sistema” e provano con volontà e tenacia ad andare oltre quello che sanno, riscoprendo un modo di vivere totalmente diverso?
La luce che acceca il fuggitivo non vi ricorda le difficoltà che incontriamo quando dobbiamo abbandonare la nostra “zona di comfort” e rimboccarci le maniche per pensare diversamente e vivere meglio?

Se questo mito ricorda anche a voi tutto questo, chiedetevi perché dopo 2000 anni siamo ancora dentro una caverna senza rendercene conto. 

Ancora oggi proviamo a cambiare le cose e cerchiamo l’uscita, perché dentro di noi non possiamo più credere che sia giusto stare al buio. 
Sappiamo che esiste un modo diverso e migliore di vivere:  
NELLA LUCE ! 

Vibo Valentia, polemiche su strada ad Almirante: Riva Destra (FDI), rivendichiamo con orgoglio la proposta, ricordiamo parole Meloni e Padellaro.

Proponiamo strada anche a Berlinguer. Serve pacificazione.
“Rivendichiamo con orgoglio la paternità della proposta per intitolare una strada a Giorgio Almirante e ringraziamo il capogruppo di Fratelli d’Italia Antonio Schiavello per averla portata anche in seno al consiglio comunale di Vibo Valentia: in Italia ci sono piu’ di 200 strade oramai intitolate al defunto leader del glorioso Movimento Sociale Italiano”.
Lo dichiarano gli esponenti di Riva Destra Francesco Stina’, Francesco D’Agostino e Alessandro Ferrara, rispettivamente coordinatore regionale, provinciale e comunale, del movimento federato a Fratelli d’Italia, in una nota congiunta con il segretario nazionale Fabio Sabbatani Schiuma.
“Per tacitare le inutili polemiche -continua la nota- prendiamo in prestito le recenti affermazioni di Giorgia Meloni, in merito a un’analoga iniziativa del comune di Verona, ma anche di Antonio Padellaro al Festival Leggere&Scrivere di Vibo Valentia, appena sette mesi fa . Per la leader di FdI, ‘l’approvazione delle leggi razziali è una grave ferita nella storia del popolo italiano. Su questo non abbiamo alcun dubbio. È però importante riconoscere in Giorgio Almirante il merito di avere accompagnato una intera comunità politica, che nel dopoguerra aveva il legame con l’esperienza fascista, pienamente nell’alveo del dibattito democratico e istituzionale della Nazione. Un merito che è stato riconosciuto a Giorgio Almirante da tutto l’arco costituzionale, sia nel dopoguerra che nei difficili anni di piombo, anche dai suoi avversari politici’.
E ancora per Giorgia Meloni -prosegue la nota- ‘appare oggi davvero bizzarro sostenere che un personaggio che per cinquant'anni ha fatto parte delle istituzioni della nazione sia un reietto, meritevole dell’oblio. Chi ha sostenuto l’esperienza fascista per poi cambiare barricata, penso a Eugenio Scalfari o Giorgio Bocca è stato perdonato mentre chi ha condannato le leggi razziali ma non si è consegnato alla sinistra dovrebbe essere considerato un reietto? C’è qualcosa che non funziona in questo ragionamento’.
E se non bastasse -conclude la nota- ricordiamo a qualcuno le parole di Antonio Padellaro, firma de ‘Il Fatto Quotidiano’ che ha dedicato un libro una serie di incontri segreti che Enrico Berlinguer, defunto leader del Pci e Almirante hanno avuto sul finire degli anni Settanta: ‘Potete vederlo su Youtube: a distanza di anni la scena dell’arrivo di Giorgio Almirante a Botteghe Oscure a rendere omaggio alla salma di Enrico Berlinguer mette ancorai brividi e fa riflettere…Un gesto che sottintendeva rispetto, senso di responsabilità e amicizia. Queste tre parole oggi sembrano uscite dal panorama politico’.
A questo punto -conclude la nota- proponiamo noi pubblicamente di intitolare una strada anche ad Enrico Berlinguer, giacche’ l’Italia ha bisogno di pacificazione. Oggi più che mai”.
Vogliamo ricordare ancora -aggiunge infine la nota- un po’ di storia: la proposta di una strada dedicata a Giorgio Almirante fu presentata il 16 novembre del 2007 in Campidoglio a Roma, da Fabio Sabbatani Schiuma, per 15 anni circa consigliere comunale. Con 23 voti contrari e 17 favorevoli la mozione fu prima bocciata, ma poi fu approvata perché trasformata in ordine del giorno ricollegato ad altre proposte rivolte alla toponomastica e fu sottoscritta da molti esponenti anche dell’allora maggioranza di centrosinistra, nelle persone di Giulio Pelonzi, attuale capogruppo del Pd in Campidoglio, i quali dichiararono testualmente: ‘Almirante non è mai stato condannato per atti contro la Repubblica’”.


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