Il professor Giuseppe Di Federico, tra le massime autorità in materia di diritto, tra i promotori dei sei referendum per una giustizia più giusta, ben noto ai lettori di “Notizie Radicali”, ha rilasciato al “Giornale di Sicilia” un’intervista curata da Gerardo Marrone. La riproduciamo.
Docente di Ordinamento giudiziario a Bologna ed ex membro “laico” del Consiglio superiore della magistratura, componente della commissione di saggi voluta dal premier Enrico Letta per mettere a punto un pacchetto di riforme costituzionali, Giuseppe Di Federico non è certo un cultore del politicamente corretto. Non è da tutti, d’altronde, dedicare un intero lavoro al “Contributo del CSM alla crisi della giustizia”.
Professor Di Federico, si parla tanto di ‘giustizia giusta’. Ma cos’è? O meglio, cosa dovrebbe essere?
“Volendo riassumere, il giudice deve risolvere una controversia tra due parti che si presentano da lui in posizione di parità. Ciò implica che il giudice e le parti devono avere la competenza o essere assistite da persone dotate di competenza per fare quel lavoro. E già qui, in Italia, sorgono i primi problemi”.
Cioè?
“Per esempio, come diceva Giovanni Falcone, una delle ragioni della crisi della giustizia sta nel fatto che i magistrati, dopo il reclutamento, non subiscono più valutazioni di professionalità. Poi, esiste un’altra questione…”.
Quale?
“Il processo, civile e penale, dovrebbe svolgersi in tempi ragionevoli. Altro aspetto che in Italia non esiste. Per i ritardi della nostra giustizia abbiamo ricevuto dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo il doppio delle condanne ricevute dagli altri Paesi dell’Europa occidentale nel loro insieme”.
Limitiamoci all'ambito penale. Sulla divisione delle carriere tra pubblici ministeri e magistrati giudicanti, solo scontri e nessuna soluzione concreta. Perché?
“La sola divisione delle carriere, pur importane, non serve a molto sul piano operativo. Se per ipotesi ciò dovesse avvenire, lei pensa che per questo solo fatto i giudici considereranno il PM meno collega di prima? Per raggiungere l’obiettivo, la divisione delle carriere deve produrre strumenti di responsabilizzazione che oggi non esistono”.
Non starà mica dicendo che i PM sono ‘irresponsabili’?
“A differenza di tutti gli altri paesi da noi il Pubblico Ministero è indipendente come il giudice. Dalla Francia agli Stati Uniti, dal Portogallo alla Germania, all’Inghilterra, il PM fa invece parte di una struttura gerarchica unificata. Ha, cioè, a livello nazionale un capo che è politicamente responsabile del modo in cui vengono condotte le indagini e l’iniziativa penale. Qui, tutto questo non c’è. Le singole procure ed i singoli PM possono agire a loro piacimento. E se alla fine esce fuori che non c’era alcuna ragione per agire, loro possono sempre dire che non potevano fare diversamente a casa della obbligatorietà dell’azione penale”.
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