Il decreto del Fare è ufficialmente in vigore dal 21 agosto 2013. Presentato in Consiglio dei Ministri lo scorso 15 giugno, i suoi oltre 80 articoli hanno incontrato un cammino accidentato in Parlamento, da rendere necessaria la terza lettura alla Camera dopo i numerosi emendamenti presentati in Senato.
Così, in Gazzetta Ufficiale, il testo è stato pubblicato profondamente ridisegnato - in alcune materie specifiche, particolarmente - rispetto a quelle che erano le indicazioni iniziali del governo. Un testo che rinnova la normativa di svariati settori dell’economia, della giustizia e della pubblica amministrazione, con l’intento di semplificare e ridurre i costi dello Stato per svariati miliardi di euro. Un’efficacia che, però, verrà ora valutata sul campo.
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Le dieci piaghe della giustizia che l'Italia ora deve debellare
di Renato Brunetta
Dalla lunghezza dei processi ai privilegi dei magistrati, il Paese ha bisogno di una riforma radicale per rendere il sistema finalmente equo ed efficiente.
La giustizia in Italia non funziona. È un dato di fatto, inutile girarci attorno. Inutile nascondersi dietro i processi di Berlusconi: è solo una scusa per non fare una riforma fondamentale per il nostro Paese e che tutto il mondo ci chiede. Il programma iniziale di questa maggioranza prevedeva una riforma delle istituzioni che rafforzasse il potere politico, per poi procedere, con una rinnovata autorevolezza, alla riforma della giustizia. La strada ce l'ha indicata il capo dello Stato che, con le dichiarazioni a seguito della sentenza della Cassazione su Silvio Berlusconi, ha evocato il lavoro dei saggi da lui incaricati nell'aprile scorso per studiare i termini di una riforma della giustizia. Ma si può fare ancora di più: parallelamente alla riforma della giustizia, promuovere la raccolta firme per i referendum radicali, almeno un milione entro la fine di settembre 2013. La giustizia italiana va riformata da cima a fondo.
L'Italia è il Paese con maggior necessità di interventi migliorativi nel settore della giustizia.
1. Il numero di casi pendenti
2. Processi troppo lunghi
3. Un costo esagerato
4. Un budget troppo alto
5. Salari e stipendi
6. Una scarsa «accountability»
7. Meritocrazia zero
8. Avanzamenti di carriera
9. E la responsabilità civile?
10. Da zero a uno: meno di 0,5
Ultimo treno per la giustizia
Pannella e il Cav. Un vecchio savio matto e un macchinista senza agibilità. Ma loro possiedono l’unico salvacondotto che conti per l’Italia. Riformare la magistratura, che non si lascerà mai riformare.
Va a finire - non sarebbe la prima volta - che il più savio di tutti è un vecchio matto con gli occhi spiritati da sciamano e la coda di cavallo.
Marco Pannella sta offrendo, con i referendum, il biglietto per l’ultimo treno. Non certo l’ultimo treno per Berlusconi, che non ha più neppure il passaporto, e il cui potente salvacondotto si è rivelato fantomatico più dell’arma segreta di Hitler. No, il fischio del capostazione annuncia l’ultimo treno per la riforma della giustizia, il solo salvacondotto che conti per l’Italia, il “grande veicolo” su cui salire tutti. L’ultimo, si badi: non ci saranno a breve altre partenze, e a quel punto toccherà farsela a piedi, e ci vorranno anni o decenni. Non si annuncia come un viaggio comodo: la destinazione è incerta, le rotaie dissestate, il percorso disseminato di strettoie, ponti scricchiolanti e carcasse lasciate a marcire sui binari. Ma è la sola via possibile, o almeno la più realistica. Perché se è vero, come ha scritto Angelo Panebianco, che un potere forte e unito (la magistratura) non si lascerà mai riformare da un potere debole e diviso (la politica), ne consegue che l’unica flebo per iniettare in tempi brevi vigore e legittimità al potere cagionevole è un mandato popolare inequivocabile.
Fonte: IL FOGLIO - Articolo Completo QUI
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Va a finire - non sarebbe la prima volta - che il più savio di tutti è un vecchio matto con gli occhi spiritati da sciamano e la coda di cavallo.
Marco Pannella sta offrendo, con i referendum, il biglietto per l’ultimo treno. Non certo l’ultimo treno per Berlusconi, che non ha più neppure il passaporto, e il cui potente salvacondotto si è rivelato fantomatico più dell’arma segreta di Hitler. No, il fischio del capostazione annuncia l’ultimo treno per la riforma della giustizia, il solo salvacondotto che conti per l’Italia, il “grande veicolo” su cui salire tutti. L’ultimo, si badi: non ci saranno a breve altre partenze, e a quel punto toccherà farsela a piedi, e ci vorranno anni o decenni. Non si annuncia come un viaggio comodo: la destinazione è incerta, le rotaie dissestate, il percorso disseminato di strettoie, ponti scricchiolanti e carcasse lasciate a marcire sui binari. Ma è la sola via possibile, o almeno la più realistica. Perché se è vero, come ha scritto Angelo Panebianco, che un potere forte e unito (la magistratura) non si lascerà mai riformare da un potere debole e diviso (la politica), ne consegue che l’unica flebo per iniettare in tempi brevi vigore e legittimità al potere cagionevole è un mandato popolare inequivocabile.
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Prestanome della "mala", senza patente 300 auto intestate e libero.
Dionigi Curigliano, 57 anni disoccupato originario di Crotone, senza patente ma con ben 300 auto intestate, conosciuto in tutta Italia da Milano a Palermo, e pure in Belgio e Germania, di lavoro fa il prestanome per la "mala". Dagli 80 ai 150 euro per ogni intestazione. E così' Bmw e Mercedes ma anche scassoni, che andrebbero rottamati, portano il suo nome sulla carta di circolazione. Vetture che vengono usate per furti, scippi e rapine. Ma anche da immigrati senza patente o sconosciuti che amano l'anonimato. Una cosa che accomuna quasi tutte queste auto e' che circolano senza copertura assicurativa. una vera "mina vagante", per tutti. Quello che e' davvero singolare e che il signor Curigliano sia libero, sempre in pista, da almeno tre anni, nonostante denunce e diffide. Dalla questura sono partiti tutti i provvedimenti possibili, ma la magistratura non ha ancora aperto un processo.
Fonte: in20righe - Articolo Completo QUI
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Così com'è la giustizia amministrativa blocca l’Italia
Opere bloccate e ritardi: i tribunali amministrativi vanno sostituiti da arbitrati, come in Europa.
Ci sono due termini che sempre più spesso viaggiano in coppia: tribunali amministrativi e bloccato. Infrastrutture, norme, porti e ciò che di primo acchito sembra essere una riforma. Il Tar ha bloccato l’uso esclusivo della lingua inglese in un’università del Nord Italia, ha bloccato la costruzione in Sicilia di uno dei quattro pilastri del Muos, il sistema radaristico americano in grado di estendere i principi dell’homeland security a mezzo mondo e perfezionare la gestione del personale militare nei teatri di guerra. Il Tar ha bloccato la costruzione della linea ferrata Rho-Malpensa, il treno dell’Expo.
Sono solo alcuni esempi di sentenze. Tutte in divenire. Perché poi le Amministrazioni impugnano e l’incertezza si trasforma in prassi. Finendo col nascondere agli occhi degli italiani la vera essenza della giustizia amministrativa: la tutela del cittadino dagli abusi del pubblico. Fine che si persegue con l’indipendenza del processo nel quale, rubando le parole al francese Jean Rivero, gli organi della giustizia amministrativa non siano più i giudici della legalità amministrativa, ma i giudici amministrativi della legalità.
Fonte: LINKIESTA - Articolo Completo QUI
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Ci sono due termini che sempre più spesso viaggiano in coppia: tribunali amministrativi e bloccato. Infrastrutture, norme, porti e ciò che di primo acchito sembra essere una riforma. Il Tar ha bloccato l’uso esclusivo della lingua inglese in un’università del Nord Italia, ha bloccato la costruzione in Sicilia di uno dei quattro pilastri del Muos, il sistema radaristico americano in grado di estendere i principi dell’homeland security a mezzo mondo e perfezionare la gestione del personale militare nei teatri di guerra. Il Tar ha bloccato la costruzione della linea ferrata Rho-Malpensa, il treno dell’Expo.
Sono solo alcuni esempi di sentenze. Tutte in divenire. Perché poi le Amministrazioni impugnano e l’incertezza si trasforma in prassi. Finendo col nascondere agli occhi degli italiani la vera essenza della giustizia amministrativa: la tutela del cittadino dagli abusi del pubblico. Fine che si persegue con l’indipendenza del processo nel quale, rubando le parole al francese Jean Rivero, gli organi della giustizia amministrativa non siano più i giudici della legalità amministrativa, ma i giudici amministrativi della legalità.
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GIUSTIZIA: Aboliamo Tar e Consiglio di Stato
La proposta è stata avanzata sul Messaggero dall'ex presidente del consiglio Romano Prodi
Sarebbe una riforma molto efficace ed anche a costo zero
di Romano Prodi - Fonte: Italia Oggi
Riprendiamo, per gentile concessione, dai quotidiani Il Messaggero, Il Mattino e il Gazzettino, sui quali è stato pubblicato l'11 agosto scorso, questo articolo di Romano Prodi nel quale l'ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Commissione europea ipotizza di valutare concretamente la possibilità dell'abolizione dei Tar e del Consiglio di Stato per togliere i freni che impediscono alle iniziative migliori di poter decollare a beneficio dell'incremento del Prodotto interno lordo.
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Sarebbe una riforma molto efficace ed anche a costo zero
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Riprendiamo, per gentile concessione, dai quotidiani Il Messaggero, Il Mattino e il Gazzettino, sui quali è stato pubblicato l'11 agosto scorso, questo articolo di Romano Prodi nel quale l'ex presidente del Consiglio ed ex presidente della Commissione europea ipotizza di valutare concretamente la possibilità dell'abolizione dei Tar e del Consiglio di Stato per togliere i freni che impediscono alle iniziative migliori di poter decollare a beneficio dell'incremento del Prodotto interno lordo.
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Anche Napolitano dubita della giustizia italiana
di Massimo Tosti - Fonte: ItaliaOggi
Nella dichiarazione scritta rilasciata a caldo, dopo la sentenza della Corte costituzionale, Giorgio Napolitano ha lanciato un preciso monito alle forze politiche: «Il paese», ha sottolineato, «ha bisogno di ritrovare serenità e coesione». Ha elogiato il clima «più rispettoso e disteso» che ha accompagnato l'ultimo atto giudiziario. Ma ha anche auspicato che «possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l'esame in parlamento» dei «problemi relativi all'amministrazione della giustizia». Segno che anche lui (che è presidente del Consiglio superiore della magistratura) nutre qualche dubbio sull'efficienza (e l'imparzialità) della giustizia italiana.
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Nella dichiarazione scritta rilasciata a caldo, dopo la sentenza della Corte costituzionale, Giorgio Napolitano ha lanciato un preciso monito alle forze politiche: «Il paese», ha sottolineato, «ha bisogno di ritrovare serenità e coesione». Ha elogiato il clima «più rispettoso e disteso» che ha accompagnato l'ultimo atto giudiziario. Ma ha anche auspicato che «possano ora aprirsi condizioni più favorevoli per l'esame in parlamento» dei «problemi relativi all'amministrazione della giustizia». Segno che anche lui (che è presidente del Consiglio superiore della magistratura) nutre qualche dubbio sull'efficienza (e l'imparzialità) della giustizia italiana.
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