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  1. 3. Vizi di legittimità costituzionale
    I vizi di legittimità costituzionale sono comunemente distinti in vizi formali e vizi sostanziali, a seconda che la violazione (o la non conformità) riguardi le regole costituzionali relative al procedimento di formazione e l’esternazione dell’atto legislativo, ovvero quelle che impongono un determinato contenuto normativo alla legge. Tra i vizi della legge, poi, deve farsi cenno al cosiddetto eccesso di potere legislativo, vizio elaborato traendo esempio dalla giurisprudenza amministrativa e dal vizio di eccesso di potere, configurato per valutare la correttezza dell’esercizio della discrezionalità nell’adozione dei provvedimenti amministrativi, o meglio lo sviamento o la deviazione dell’atto dal fine di interesse pubblico cui tale atto è per legge destinato. La legge impone alla Corte di escludere dal suo sindacato di legittimità costituzionale “ogni valutazione di natura politica e ogni sindacato sull’uso del potere discrezionale del Parlamento” (cfr. art. 28 l. 87/1953); con ciò si intende che la Corte non può mai sostituire la propria valutazione politica – ed in tal senso “di merito” – a quella già compiuta dal legislatore.

    Va sottolineato che, per espressa previsione legislativa, la Corte è chiamata a pronunciarsi soltanto rispetto all’oggetto ed al parametro, così come sono definiti dal giudice a quo: si deve infatti rispettare il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, ovvero, come dice la legge, si può decidere soltanto “nei limiti dell’impugnazione” (art. 27 l. cit.). Ma, se la Corte non può andare al di là dei confini testuali dell’oggetto e del parametro indicati dal giudice a quo, non si deve parimenti negare alla Corte autonomia interpretativa circa le disposizioni – sia legislative, che costituzionali – che le sono sottoposte. Tuttavia, per ridurre divergenze interpretative che possono dare luogo a conflitti di non facile soluzione, in ordine all’oggetto del suo giudizio la Corte tende frequentemente a privilegiare il diritto vivente (per lo meno là dove questo sia rintracciabile), vale a dire quella più diffusa interpretazione della legge che è stata già elaborata dagli organi deputati all’applicazione di quest’ultima, in specie da quelli giurisdizionali.

    Ancora, e stavolta utilizzando una deroga consentita dalla legge al principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, la Corte può giudicare su “altre disposizioni legislative, la cui illegittimità deriva come conseguenza della decisione adottata” (art. 27, ult. cpv., l. cit.). A questa modalità di intervento della Corte, che viene definita in dottrina come illegittimità costituzionale consequenziale, si ricorre quando, nella stessa o in altra legge, si ritrovano disposizioni che riproducono il medesimo contenuto normativo della disposizione dichiarata illegittima o che sono collegate da un nesso di strumentalità o funzionalità con la norma incostituzionale, oppure ancora quando dalla dichiarazione di illegittimità consegua che la presenza di altre disposizioni legislative non sia più costituzionalmente giustificata.

    https://www.altalex.com/guide/giudizi-di-legittimita-costituzionale

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