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L’amministrazione della giustizia italiana? Spartita fra le correnti dei magistrati.

Zanon (Csm): politici diminuiscano magistrati fuori ruolo. E poi accusa: persino i segretari dell’organo di autogoverno vengono «scelti dal Csm in base alla lottizzazione delle correnti»
«Quando si parla di giustizia in Italia, da qualche anno, c’è un divertente modo di eludere la questione. Si parla di efficienza». Per Nicolò Zanon, membro laico del Csm, non è possibile limitarsi a discutere di efficienza, o a rimarcare, anche giustamente, la «lunghezza dei processi civili e del problema delle carceri» senza andare a fondo della questione delle correnti. Altrimenti i tentativi di riforma diventerebbero «modi per eludere del problema centrale, che è il rapporto costituzionale fra i poteri», ha detto Zanon all’incontro “Giustizia? Esperienze per una riforma“, organizzato da Tempi, Panorama e Radio Radicale.
I MAGISTRATI NELL’ESECUTIVO. «La prima cosa che i politici dovrebbero fare è rivendicare l’indipendenza della politica dalla magistratura», ha spiegato Zanon. «È mai possibile che presso il ministero della Giustizia debbano lavorare duecento magistrati fuori ruolo? È mai possibile che il primo atto che compie il ministro della Giustizia quando assume la carica sia quello di circondarsi di magistrati, oltretutto scelti con un attento bilanciamento tra le fazioni dell’Anm?», si è chiesto il consigliere del Csm. «In questo modo è ovvio che le riforme proposte dal governo siano solitamente poco fastidiose per alcuni assetti di potere della magistratura». «Eppure», ha ricordato Zanon, «ci sono professori universitari di diritto, avvocati, avvocati dello stato» che possono svolgere gli stessi compiti svolti dalle toghe fuori ruolo.


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