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venerdì 11 settembre 2015

Diffamazione su Facebook: come difendersi e con quali prove.

La facilità con cui è possibile pubblicare ciò che si vuole sulla propria o l’altrui bacheca di Facebook non significa anche libertà di poterlo fare. 
Difatti, sul web valgono le stesse norme scritte per la realtà materiale. Così, se qualcuno pubblica un commento offensivo nei vostri riguardi, crea un profilo fake solo per ingiuriarvi o per rubarvi l’identità, scrive un post diffamatorio (sia su una bacheca pubblica che ristretta ai propri amici) potrete agire nei suoi confronti in due diversi modi: con un’azione di carattere penale e una di carattere civile. Analizziamole entrambe.   Attenzione: la prima cosa che conviene fare è informare Facebook dell’accaduto, segnalando l’autore dell’abuso. Avete due vie per farlo e vi consigliamo di seguirle entrambe:   
1. inviare un’email a Facebook: l’indirizzo a cui spedire la segnalazione è il seguente: abuse@facebook.com;   
2. segnalare a Facebook, tramite la stessa piattaforma, il soggetto “incriminato.” A tal fine, sarà sufficiente andare sul profilo di quest’ultimo, cliccare sulla freccetta verso il basso posta in corrispondenza del bottone “messaggio” e poi selezionare “Segnala/blocca”. Di lì, bisognerà spuntare la voce “invia una segnalazione”;  
3. l’azione penale In questo caso, la prima cosa da fare è sporgere querela. Lo potrete fare personalmente, senza necessità di un avvocato, recandovi presso la più vicina stazione dei Carabinieri, o presso la Polizia Postale o, ancora, presso la Procura della Repubblica del Tribunale del luogo ove siete residenti. In quella sede, sarà necessario essere il più precisi possibili. Il che richiederà l’indicazione, ovviamente, della frase offensiva e dell’autore; gli estremi del profilo dal quale è avvenuta la pubblicazione; il codice ID di quest’ultimo (visibile sulla parte inferiore del vostro browser, secondo le indicazioni date in questo articolo: “Molestie su Facebook: ecco come scoprire e denunciare i profili falsi molesti”); la data; l’indicazione di eventuali nomi di testimoni che hanno letto la frase. Sarà poi fondamentale portare le prove a vostro favore, prove che dovranno attenere sia al fatto illecito che all’eventuale danno. Quanto al primo aspetto, oltre ai predetti testimoni, bisognerà consegnare una stampa della pagina incriminata, meglio se corredata da un cd con un “file immagine” della schermata (cosiddetto “screenshot”). Quanto invece al secondo aspetto, è necessario fornire ogni utile dimostrazione del danno sia patrimoniale (per esempio: nel caso di azienda diffamata, eventuali contestazioni di clienti o revoche di contratti), che morale (eventuali certificati medici comprovanti un turbamento psichico). 
Le indagini penali. 
È molto probabile che l’autore del reato abbia utilizzato un falso profilo per diffamarvi. Nessun problema. La polizia postale e i periti, con le autorizzazioni fornite dal magistrato che conduce l’inchiesta, sapranno risalire all’effettivo nominativo. A tal fine, però, è bene muoversi con la massima solerzia, poiché i tempi sono strettissimi. Gli inquirenti chiederanno a Facebook di avere accesso ai server sui quale la pagina è stata creata, cercando così di individuare l’indirizzo IP dell’autore dell’illecito. In caso di indagini penali, la direzione di Facebook è, di norma, collaborativa, specie quando si tratta di reati gravi, come quelli a sfondo pedopornografico, razzismo, criminalità; anche nel caso di reati di minor importanza c’è sempre la possibilità di ottenere le informazioni richieste. Più difficile, invece, sarà strappare una collaborazione per giudizi di carattere civilistico (per esempio, in una causa di separazione, qualora uno dei due coniugi voglia accedere alle informazioni dell’altrui profilo per procurarsi le prove dell’infedeltà). Sebbene Facebook abbia la sua sede legale in California, dispone di uffici in Europa. La sede legale cui Facebook fa riferimento è in Irlanda a questo indirizzo: Facebook Ireland Limited, Hanover Reach, 5-7 Hanover Quay, Dublin 2, Ireland.   Vi sono anche referenti legali per l’Italia. Questi hanno il preciso scopo di mantenere i contatti con i magistrati e le forze dell’ordine del nostro Paese. Grazie a tale cooperazione sono stati già individuati molti autori di diffamazioni a mezzo Facebook. Il giudizio penale vero e proprio Nel caso in cui il pubblico ministero ravvisi i presupposti del reato denunciato, l’azione penale andrà avanti da sé, fino all’applicazione della pena, senza bisogno di atti di impulso da parte della vittima. Tuttavia, sarà bene che quest’ultima si faccia comunque consigliare da un avvocato per verificare la possibilità di costituirsi parte civile per ottenere il risarcimento del danno o, proprio a tale scopo, intraprendere un autonomo (o addirittura alternativo) giudizio civile. L’azione civile La causa civile è rivolta unicamente a chiedere il risarcimento del danno. Se non è stato intrapreso un giudizio penale, il giudice civile dovrà, in tale sede, accertare la sussistenza dell’illecito. Quindi, a tal fine, sarà necessario procurarsi le prove del fatto per come anticipato in apertura.   In questa fase viene ancora più in evidenza la necessità delle prove circa il danno. Con una precisazione: qualora l’illecito sia evidente, ma la quantificazione del danno sia difficoltosa, si può sempre chiedere un risarcimento “in via equitativa”, ossia secondo quanto al giudice apparirà congruo sulla base del caso concreto, svincolando tale valutazione da qualsiasi supporto probatorio (che, evidentemente, è stato difficile procurarsi). Il giudizio civile è, di norma, più costoso e lungo di quello penale, ma i presupposti per la responsabilità sono, talvolta, anche meno rigorosi.   Articoli Segnaliamo infine una serie di articoli correlati al presente argomento e che potrete trovare altrettanto utili per risolvere il vostro problema: 

“Molestie su Facebook: ecco come scoprire e denunciare i profili falsi molesti” 
“Scopri se qualcuno ha clonato il tuo profilo Facebook o le tue foto”
“Tutte le email di Facebook a cui rivolgersi se vittime di abusi” 
“Furto d’identità su Facebook: come tutelarsi” 
“Cosa fare se si è vittima di stalking o molestie su internet o Facebook?” 
“Come provare un post offensivo su Facebook se l’autore ha cancellato il testo” 
“Reati su Facebook: diffamazione, molestie e furto di identità. Come difendersi” 
“Denunciare il furto di password dell’account Facebook per giustificarsi dal reato?”

Fonte: LA LEGGE PER TUTTI

www.studiostampa.com

martedì 11 febbraio 2014

Cittadini italiani cacciati dalla Polizia fuori da una chiesa di Roma !

Erano andati a Montecitorio a presentare una petizione anti-casta. Sono stati sfollati una prima volta dalla Polizia, sono entrati in una chiesa e la forza pubblica è entrata anche lì. LE IMMAGINI I cittadini denunciano: siamo alla repressione antidemocratica. Ora alcuni si sono rifugiati a Santa Maria Maggiore, che gode dell'extraterritorialità vaticana. 

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martedì 9 aprile 2013

L'editoriale di Diritto & Famiglia

L'ottimismo della ragione, l'ottimismo della volontà.
(Diritto & Famigliadi Enrico Franceschetti 
Il nostro, è un paese depresso.
Non per la situazione economica, che pure ristagna da troppo tempo e che vede troppe persone soffrire seriamente per mancanza di lavoro e di redditi sufficienti.
Non per la situazione politica, pur confusa ed incomprensibile alla gente comune, che guarda attonita la classe dirigente operare scelte lontane dai bisogni della nazione, e combattere battaglie private che lasciano, quali uniche vittime, le istituzioni e lo stato.
No. Il nostro paese è depresso perché si sente male. Vive con dolore ogni giorno, si dibatte fra mille impossibilità, si sforza di sopravvivere senza una prospettiva che infonda speranza.
Senza speranza, è noto, si muore.
Come accade ad ogni depresso, il nostro paese è alla ricerca delle colpe, del responsabile di tutto questo disagio. E lo trova oggi in quel politico, domani in quella categoria, dopodomani in quella cultura.
Così, ci si fraziona sempre più, ci si allontana gli uni dagli altri, ci si divide in gruppi e fazioni, si perde quindi il senso comune che è l'unico, da sempre, a costituire la forza e la risorsa speciale della razza umana.
Si pone al di fuori di noi il potere di influire sul futuro, magari aspettando che giunga un salvatore, un dux, a mettere le cose a posto. Ma se il condottiero illuminato non arriva (e la storia ci ha insegnato che, quand'anche arrivi, di solito non riesce nemmeno a salvare se stesso) si langue in una rete di rancori, di ostilità e di veti reciproci, che delegittimano ma non costruiscono.
Sarebbe probabilmente interessante approfondire questa analisi, ma temo di abusare della pazienza dei lettori e soprattutto di uscire dall'ambito nel quale siamo: il mondo della famiglia.
In esso vediamo specchiarsi tutte le dinamiche della società, probabilmente perchè ne è l'unità base. Se la famiglia (intesa come centro di interessi affettivi, indipendentemente dai soggetti che la compongono) non funziona, non funziona tutto il resto.
Può non piacere ideologicamente, ma è così che va.
Ecco allora che la "famiglia tipo" è depressa, perché preda anch'essa delle sofferenze comuni al resto del paese, e trova che "tutti gli uomini sono inetti ed egoisti, si disinteressano ai figli e sono violenti", oppure che "tutte le donne usano i figli come arma per ottenere assegni alimentari più alti", o magari che "tutte le leggi sono partigiane" a favore di uomini o donne a seconda di chi compia l'osservazione... e via discorrendo di questo passo.
Eppure, come scriveva, ad altro proposito, Gian Antonio Stella sul Corriere di ieri, "è rischioso giocare con la parola -tutti-" perché induce a ragionare per schieramenti, per interessi, e non per comprendere e risolvere i problemi.
Smettere di ragionare per fazioni, per categorie, per gruppi, è il primo passo per ritrovare la giusta consapevolezza del nostro potere, che è assai più ampio di quanto si creda, individualmente considerando.
Volete un esempio? Bene: soffermiamoci sul più classico dei casi.
Chi obbliga due coniugi in crisi a confrontarsi sul piano giudiziale affidandosi a soggetti terzi per dirimere imperativamente i propri conflitti? E' forse "colpa" della legge? O magari del cattivo avvocato che li incita, per far lievitare la parcella? O del sistema giudiziario che ha interesse a fare più processi possibile per ottenere potere? O di chi altri?
Queste sono le considerazioni che si leggono sui post, sui blog, nei forum. Mai uno che dica si, ho scelto una giudiziale perché l'ho voluto io... ed il disastro che ne è seguito, è opera mia.
Comprendere la propria responsabilità, è il primo passo per riappropriarsi del potere di decidere e scegliere in autonomia: in definitiva, è il primo passo per non aspettare soluzioni che vengano da fuori, da un "saggio", da "un'autorità", decidendo invece di essere padroni delle proprie decisioni e capaci di influire sulla propria vita secondo le proprie convinzioni.
Nel caso di esempio, oggi ci sono metodologie di mediazione efficaci ed operatori competenti che possono sostenere coniugi in conflitto, accompagnandoli; sono percorsi e metodi che ottengono risultati, oggettivi e documentati, infinitamente più efficaci a rendere la vita di tutti i soggetti coinvolti nel conflitto molto, molto, molto migliore. Basta solo scegliere di farne uso.
In questo modo, avvocati, o tribunali, o qualunque altra categoria si voglia individuare quale capro espiatorio di turno, perderebbero il "potere" di condizionarci, di farci del male, visto che saremmo noi a portare loro la soluzione del nostro conflitto, e non viceversa.
Ciò vale per la famiglia, ma anche per la società, per la politica. Abbandonarsi al "ghe pensi mi" di altri, è pericoloso. Come chiudere gli occhi e tuffarsi senza avere idea di cosa ci sia sotto, ad aspettarci. Riconquistare il potere di decidere in prima persona, è indispensabile per essere padroni della propria vita.
Riconquistare il potere di decidere, significa smettere di ragionare per categorie preferendo ad esse le persone e le loro responsabilità. Significa smettere di delegare e ricominciare a costruire in proprio. Significa, cioè, abbandonare la depressione e ritrovare l'ottimismo; quello della ragione, quello della volontà.
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sabato 27 ottobre 2012

La giustizia italiana è tra le più arretrate d'Europa. Lo dice uno studio del CNR

di Filippo Benedetti Valentini
La vera risorsa non sta nei fondi, ma nella collaborazione fra diversi organi di giustizia. Questo è quanto emerge da uno studio effettuato dall’Istituto di Ricerca sui Sistemi Giudiziari del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Irsig-Cnr) in collaborazione con il Centro Studi e Ricerche sull’Ordinamento Giudiziario dell’Università di Bologna. Una ricerca che è stata condotta per mettere a confronto i sistemi giudiziari europei con quello italiano per valutare e promuovere la qualità della giustizia nel nostro paese, analizzando da un lato le riforme applicate nei vari paesi europei, dall’altro il modo in cui i magistrati italiani vedono queste riforme.
E’ emerso che l’eccessiva durata dei procedimenti giudiziari, il mediocre trattamento subito dai cittadini spesso costretti a lunghe e snervanti attese nei corridoi dei tribunali, la scarsa fiducia di cui gode l’amministrazione della giustizia, sono solo alcuni dei problemi di cui soffre il sistema italiano. Questi problemi, tuttavia, non hanno caratterizzato solo l’Italia e possono essere affrontati anche senza stanziare maggiori finanziamenti. Una più efficiente gestione degli uffici, una migliore distribuzione delle risorse, un incremento delle performance dei magistrati e una maggiore attenzione alla soddisfazione dei cittadini sono, stando alla ricerca dell’ Irsig-Cnr, gli ingredienti di un sistema giudiziario più efficiente e veloce. 
QUI L'ARTICOLO COMPLETO ! 

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venerdì 15 giugno 2012

Verso l'Abisso Democraticamente

di Gianni Pardo (da "Il Legno Storto")
Dire male della democrazia è un esercizio tanto facile da risultare ingeneroso. Come può non avere difetti un sistema in cui col suo voto l'ultimo dei cretini decide quanto il massimo politologo del Paese; in cui la massa dei cittadini non ha nozioni né di storia né di economia e giudica col livello mentale di un bambino; in cui la demagogia ha sempre tendenza a prevalere sulla ragionevolezza, proprio perché le persone cui si rivolge sono disinformate?