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martedì 5 agosto 2014

Matrimonio in Italia, per le molte sciocchezze che vengono dette al riguardo.

Matrimonio: Disciplina Attuale 

        Attualmente, il matrimonio civile rinviene la sua disciplina nella Legge n. 151 del 19 maggio 1975 (c.d. «Riforma del diritto di famiglia»), che ha apportato sostanziali innovazioni alla normativa del Codice civile del 1942, anche in ossequio ai fondamentali e nuovi principi in materia nel frattempo delineati dalla Costituzione repubblicana del 1948, oltre che dai successivi interventi della Corte Costituzionale.

        Caducata, quindi, nella nuova concezione familiare qualsiasi tipo di subordinazione della moglie verso il marito, la concezione di «capo-famiglia» a costui attribuita e la conseguente «patria potestà» sui figli una volta delegata al solo padre, nonché qualsiasi discriminazione tra figli legittimi e naturali, il matrimonio civile si rinviene ora improntato al principio della totale e concorrente parità giuridica e morale dei coniugi, in capo ai quali sorgono in ugual misura diritti e doveri reciproci.

        Sia il precedente Codice del 1865 che quello vigente del 1942 non offrono una definizione giuridica del matrimonio e, pertanto, essa va dedotta dall’interpretazione della complessiva disciplina relativa ai requisiti della validità del vincolo e agli effetti che dallo stesso scaturiscono. Esso è l’istituto giuridico tramite il quale due persone, di diverso sesso e in possesso dei requisiti richiesti dalla legge italiana, ufficializzano liberamente e volontariamente davanti ad un ufficiale dello stato civile (Sindaco o suo delegato) e alla presenza di due testimoni il loro legame finalizzato alla formazione di una famiglia, cioè di un nucleo familiare potenzialmente stabile, spesso comprensivo anche di figli. Trattasi di un diritto fondamentale della persona, riconosciuto, garantito e protetto innanzitutto dalla Costituzione italiana, laddove afferma che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio», il quale – come già si accennava – «è ordinato alla uguaglianza morale e giuridica dei coniugi» (art. 29).  
        In approfondimento di quanto detto, si può pertanto così schematicamente distinguere circa il matrimonio civile:

a)   Requisiti per la celebrazione

  • Età minima (o capacità giuridica) (art. 84 c.c.) - È di anni 18 sia per l’uomo che per la donna, riducibile per gravi motivi ad anni 16 con decreto del Tribunale per i minori.
  • Sanità mentale (o capacità naturale) (art. 85 c.c.) - Consiste nel pieno possesso della capacità di intendere e di volere, con conseguente divieto di contrarre matrimonio a chi possa trovarsi in stato di dichiarata interdizione giudiziale.
  • Libertà di stato (art. 86 c.c.) - Consiste nell'assenza di un precedente e perdurante vincolo matrimoniale, il quale - se presente - costituirebbe impedimento inderogabile al matrimonio.
  • Assenza di determinati vincoli (art. 87 c.c.) - Riguardano i vincoli di parentela, affinità, adozione e affiliazione, i quali costituirebbero altrettanti impedimenti inderogabili al matrimonio qualora presenti, tranne la possibilità di dispensa da parte del tribunale ordinario in relazione a taluni di essi.
  • Assenza del c.d. «impedimentum criminis» (art. 88 c.c.) - Consiste nel divieto di contrarre matrimonio tra loro a quelle persone delle quali l’una sia stata condannata per omicidio consumato o tentato sul coniuge dell’altra; ne consegue che la consumazione di taluno di tali delitti costituirebbe impedimento inderogabile al matrimonio.
  • Decorso del lutto vedovile (art. 89 c.c.) - Consiste nell'attesa di almeno trecento giorni da parte della donna che vuol passare a nuove nozze a seguito dello scioglimento, annullamento o cessazione degli effetti civili del suo precedente matrimonio, tranne che intervenga dispensa da parte del tribunale ordinario.
  • Consenso (art. 107 c.c.) - Esso è l’elemento fondamentale e costitutivo del matrimonio (come lo è anche per il matrimonio canonico) e consiste in una libera dichiarazione di volontà che gli sposi si scambiano innanzi alla competente autorità civile per costituire tra loro il vincolo coniugale, accettandone tutte le correlative obbligazioni stabilite dalla legislazione italiana. Tale dichiarazione non può essere sottoposta a termini o condizioni di sorta.

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